"So cosa significa voler morire e che sorridere fa male. E che ci provi a inserirti ma non ci riesci. Che fai del male al tuo corpo per cercare di distruggere la cosa che hai dentro” (Ragazze Interrotte, 1999).

Il disturbo borderline rientra all’interno di quelli che sono definiti disturbi di personalità, caratterizzato da instabilità nelle relazioni, nell’immagine di sé e dell’umore. Tratto fondamentale di questo disturbo è la marcata impulsività, che genera notevole sofferenza e comportamenti problematici.
Tra i disturbi di personalità possiamo dire che quello borderline è il più comune e viene diagnosticato prevalentemente negli individui di sesso femminile (75% circa).
Il disturbo si manifesta con una intensa instabilità emotiva, possono vivere momenti di tranquillità e rapidamente finire nella tristezza, nella rabbia o nel senso di colpa. Regolare i propri stati emotivi risulta essere per la persona molto difficoltoso. Sono spesso accompagnati da sentimenti di abbandono, con incapacità di stare soli e con reazioni alla separazione fortemente marcate. Le relazioni che intraprendono sono spesso turbolente, intense e caotiche portando spesso il partner ad abbandonarli e rimanendo quindi incastrati in un circolo vizioso di ricerca, abbandono e sofferenza.
Le persone con disturbo borderline manifestano ricorrenti atti di autolesionismo e tendenze suicidarie, sono comuni le interruzioni del percorso di vita (ritiro da scuola,licenziamento, divorzi). Tutto questo li porta a percepirsi come inadeguati e fragili.
Tra le cause, la letteratura, evidenzia la presenza di un ambiente invalidante e fattori genetico-temperamentali che predisporrebbero la persona alla disregolazione emotiva.
L’andamento più frequente prevede instabilità cronica nella prima età adulta con episodi anche gravi di discontrollo delle emozioni e degli impulsi e frequente uso di servizi sanitari e mentali. Il rischio di suicidio è maggiore negli anni giovanili e diminuisce con l’età. Solitamente intorno ai 40/50 anni gli individui con disturbo borderline raggiungono una maggiore stabilità nelle relazioni e nel lavoro e dopo 10 anni almeno la metà degli individui non mostra più pattern di comportamento che soddisfano i criteri di diagnosi del disturbo.
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Il trattamento più efficace per questo tipo di disturbo è la psicoterapia individuale, eventualmente affiancata dalla farmacoterapia.
Per concludere vorrei consigliarvi un film “Ragazze interrotte” di Mangold del 1999, questo film è una piccola finestra sul disturbo, visto attraverso gli occhi della protagonista che dopo aver tentato il suicidio viene consegnata a un ospedale psichiatrico. Nel film emerge al meglio, secondo me, il concorrere dei fattori biologici legati al temperamento insieme ai fattori sociali e all’ambiente nella determinazione del disturbo. Nelle parole di Susan la protagonista emerge tutto il disagio della problematica: “So cosa significa voler morire e che sorridere fa male. E che ci provi a inserirti ma non ci riesci. Che fai del male al tuo corpo per cercare di distruggere la cosa che hai dentro”.
Articolo a cura della Dott.ssa Sofia Prosia,
Laureata in Psicologia Cognitiva
Per approfondimenti:
“Le attuali frontiere della psicologia clinica” Mario Fulcheri
Film Ragazze interrotte Mangold (1999)