Quando si pensa allo star bene, una delle prime cose che viene in mente è la possibilità di avere a propria disposizione il maggior numero di confort o condizioni più o meno stabili che ci fanno sentire protetti da problematiche di vario genere, come la salute e le questioni economiche.
Avere un lavoro stabile, una casa accogliente, la tecnologia a portata di mano… tutto questo è certamente utile al mantenimento di uno stile di vita sereno, senza troppe preoccupazioni, anche se la soluzione più economica in realtà ce l’abbiamo sotto gli occhi: la socializzazione.
Aristotele sosteneva che l’uomo è un “animale sociale”…Possiamo immaginaci di vivere una vita priva direlazioni?
Certamente, stare soli in alcuni momenti della nostra vita è un bisogno innegabile, soprattutto al giorno d’oggi che viviamo in una società molto caotica, invadente e a volte soffocante dalla quale a volte vorremmo evadere. Nonostante questi momenti di ritiro, l’integrazione in un sistema sociale è necessaria. Tramite il processo di socializzazione infatti, le persone hanno modo di acquisire un ruolo, dei valori e degli schemi comportamentali, che consentono di diventaresoggetti socialmente competenti, capaci di agire efficacemente all’interno della società e in specifici contesti, in grado di adattare in maniera dinamica tale le competenze alle varie situazioni.
Nel corso degli anni, sono state realizzate molte ricerche su questa tematica, al fine di verificare se esistessero dei benefici concreti per le persone. Tali studi hanno dimostrato come, soprattutto negli anziani, il fenomeno della socializzazione è un garante della felicità protratta nel tempo.

Per contrastare il pericolo dell’isolamento si può ricorrere a quel bagaglio di esperienze e relazioni accumulate durante la propria esistenza. Lo stare soli di fatto potrebbe comportare concrete minacce per lo stato di salute. E’ stato riscontrato infatti, nelle persone isolate, un maggiore rischio di declino delle funzioni cognitive e fisiche, fino al 50% in più rispetto alle persone della stessa età ma con una rete sociale attiva.
Quali sono dunque i vantaggi della socializzazione nella terza età?
- promuove il moto, anche se si tratta soltanto di andare a trovare un parente o fare una passeggiata con gli amici;
- ricordare all’anziano di sottoporsi a controlli medici frequenti, tramite lo scambio di opinioni coi conoscenti;
- rallenta il declino cognitivo, in alcuni casi fino al 70%;
- ritarda l’insorgere di condizioni degenerative quali demenza e Alzheimer;
- mantiene attiva la memoria;
- promuove l’autostima e il senso di inclusione;
- crea intorno all’anziano una rete di supporto emotivo e finanziario.
In particolar modo, uno studio di Rosebud Roberts, pubblicato sulla rivista Neurology, ha evidenziato come il coinvolgimento, durante la terza età, in attività ricreative e sociali come il disegnare, dipingere, andare a teatro o semplicemente muoversi all’interno di una rete sociale, riduce fino al 73% il rischio di deterioramento cognitivo, ritardando quindi un possibile mal funzionamento della memoria o comparsa di disturbi tipici dell’età senile quali ad esempio la demenza.
In conclusione, possiamo affermare che il fenomeno della socializzazione è di fondamentale importanza nella vita di ognuno di noi: sostiene il nostro bisogno di riconoscimento all’interno della società, il nostro bisogno di relazionarci con gli altri e allo star bene emotivamente ma allo stesso tempo anche alla nostra eventuale carriera professionale, la quale fa leva sulla nostra preparazione lavorativa e sulla rete di conoscenze in cui siamo inseriti.
Dunque, se la socializzazione è di aiuto alla popolazione giovane, possiamo immaginare quanto possa agevolare il vissuto quotidiano di anziani autosufficienti o con problematiche di disabilità che devono affrontare oltre alla malattia, anche il vissuto emotivo legato all’invecchiamento.
Fare una camminata al parco, giocare a scacchi con gli amici, seguire un corso di ballo o di pittura sono ottimi salvavita e garanzia di un’anzianità felice.
Dott.ssa Rosita Falce
E-mail: rositafalce@gmail.com
Bibliografia:
“Risk and protective factors for cognitive impairment in persons aged 85 years and older” (Roberts, 2015, Neurology)