“Non le colpe dei padri, come sostiene un famoso passo della Bibbia, ma i disturbi traumatici dello sviluppo, ricadono sui figli”.
Liotti, Farina
Cosa si intende per “sviluppo traumatico”? Il primo a coniare questa espressione, è stato Giovanni Liotti - pioniere della psicologia cognitivo-evoluzionistica – con la quale si riferisce ad una storia di sviluppo caratterizzata da traumi ripetuti nell’infanzia, non circoscritti ad un unico evento traumatico.

Uno dei tanti fattori scatenanti della mediazione della risposta – patologica o no – ai traumi è lo stile di attaccamento. Ogni individuo, infatti, soprattutto nel corso dei primi due anni di vita, sviluppa un tipo di attaccamento verso il proprio caregiver che può essere sicuro o insicuro a seconda di quanto quel caregiver sia in grado di adempiere o no alle sue funzioni di accudimento. Se il bambino viene lasciato in un ambiente in cui domina un tipo di attaccamento insicuro, l’elaborazione del trauma subito avrà un esito sfavorevole, portando la vittima ad avere un’alta probabilità di poter sviluppare un Disturbo da Stress Post Traumatico.
Attraverso diversi studi e ricerche sperimentali è stato osservato che bambini vittime di traumi ripetuti presentano una vera e propria Disorganizzazione dell’attaccamento, che comprende una serie di comportamenti contraddittori, incontrollati e incoerenti che si alternano in rapida sequenza o sono addirittura simultanei. La Disorganizzazione dell’attaccamento è vista da Liotti e Farina come qualcosa che influisce a livello strutturale nel cervello facilitando la risposta patologica ai traumi, manifestandosi con condotte alienanti che talvolta vanno a sfociare anche in disturbi della personalità.
Questo tipo di sviluppo traumatico, costituito dall’esposizione costante a segnali di pericolo, porta – infatti- ad effetti a lungo termine sul cervello, ad alterazioni chimiche cerebrali che rimangono come una sorta di traccia fisica neuronale del danno subito, anche nell’individuo adulto. Si è inoltre rimarcata la facilità con cui questi traumi vengano trasmessi di generazione in generazione: la maggior parte dei caregiver che sviluppa con il proprio bambino un tipo di relazione traumatica - che sarà terreno fertile per un potenziale sviluppo traumatico – sono stati infatti a loro volta vittima di traumi ripetuti nell’infanzia e mai elaborati.
Detto ciò, mettendo l’accento su quanto complessa e intrecciata sia la relazione tra bambino e caregiver, quanto quest’ultimo con il suo comportamento influisce sullo sviluppo psicologico del bambino? Diversi studi verificano quanto sia effettivamente alta tale relazione, tuttavia risulta essere cosi ingarbugliata e intricata che ancora oggi ispira tanti studiosi nel ricercarvi delle risposte.
Fonti: LIOTTI, G., & FARINA, B. (2011). Sviluppi traumatici. Eziopatogenesi, clinica e terapia della dimensione dissociativa. Milan, Italy: Cortina Raffaello.
Articolo a cura della Dott.ssa Ottavia Fasciano
Laureata in Psicologia Clinica e della Salute