
“I musei non sono solamente luoghi sicuri, ma possono diventare vere e proprie piattaforme di benessere esperienziale.”
Maurizio Vanni
Possiamo sforzarci di pensare al museo come uno spazio democratizzante e inclusivo in cui si salvaguardano tra le più belle e diversificate memorie artistiche per tutte le generazioni, vecchie e nuove. Qui vengono garantiti uguale diritto e uguale accesso per le tradizioni di tutti i popoli. E poi è necessario rammentare che la demenza non è una malattia, ma piuttosto bisogna pensarla come una condizione; una condizione che perdura nel tempo e coinvolge in modo impattante tutte quelle persone che sono intorno alla persona con demenza, quindi i familiari e i caregivers.
Negli ultimi anni la comunità museale mondiale ha sviluppato percorsi ad hoc e attività dedicate sia alle persone affette da Alzheimer o da altre forme di demenza, sia ai loro accompagnatori.
Canada, Australia, Regno Unito e Danimarca sono tra i primi paesi che hanno consentito la possibilità ai loro musei di avviare programmi esperenziali di integrazione verso l’approccio alla demenza. In questi paesi, infatti, è usuale che il medico prescriva ai propri pazienti una visita al museo come trattamento di cura. In questo modo i pazienti hanno accesso gratuito al museo, accompagnati dai loro parenti.
A conferma dell’efficacia di questa curiosa prescrizione medica, che si basa su una semplice visita al museo, ci sono molti studi scientifici che attestano come l’arte abbia un potenziale impatto sulla salute, sia mentale che fisica.
I programmi museali, dedicati alle persone con demenza e ai caregivers, propongono esperienze che non hanno un obiettivo terapeutico, bensì hanno lo scopo di favorire l’inclusione in attività e contesti sociali. Mantenere le capacità cognitive dei partecipanti, rallentarne la perdita e ridurre i disturbi del comportamento possono essere le conseguenze benefiche del biglietto di entrata ad una mostra e numerose sono le ricerche che hanno cercato di valutare la portata di questi effetti.
La letteratura scientifica suggerisce che le attività che sono mentalmente coinvolgenti, divertenti che riducono lo stress e socialmente interattive potrebbero essere protettive contro lo sviluppo della demenza. E, alla luce di ciò, è stata identificata come intervento di sanità pubblica la visita a musei, gallerie d'arte e mostre.
La visita al museo raccoglie dentro di sé tante attività stimolanti tra cui: stimolazione intellettuale, attività fisica leggera, affettività positiva, rilassamento e impegno sociale attraverso l'interazione con il personale, altri visitatori o amici. Un insieme di elementi essenziali per la quotidianità del paziente con demenza.
Molte ricerche, che hanno coinvolto le persone con demenza in visita ai musei, hanno concluso che l’arte ha un valore terapeutico. Frequentare un museo, una galleria d’arte o un monumento stimola la produzione di serotonina, abbassa gli ormoni dello stress e incrementa la capacità del "quoziente emozionale" dei visitatori.
Un importante studio di ricerca inglese, con la durata di 10 anni, ha messo in evidenza come visitare un museo più volte nel corso di un anno per persone over 50 anni si associ, nel tempo, con un tasso di incidenza di demenza più basso.
In Italia i primi progetti sono stati avviati circa dieci anni fa a Napoli, Roma e Firenze, e continuano ad aumentare sempre di più.
Nell'interesse di sostenere le persone a vivere bene con la demenza, è importante esplorare opportunità di interventi che possano aumentare la qualità della vita e il benessere nella comunità più ampia. I luoghi che conservano il patrimonio artistico svolgono un ruolo importante nella salute e nel benessere, anche per le persone affette da demenza.
Inoltre, i musei offrono importanti opportunità di inclusione sociale per le persone anziane che vivono in isolamento e solitudine. È importante offrire a queste persone la possibilità di sentirsi parte della società, perché loro sono parte della popolazione, e dobbiamo offrire loro la possibilità di partecipare e vivere, attraverso la vita culturale, esperienze ed occasioni straordinarie di parità.
Spesso per una persona affetta da demenza è più facile vivere un’esperienza paritaria dentro un museo, in cui può entrare in contatto con la sensazione di riuscire a dare un contributo agli altri, piuttosto che nella propria casa, dove magari alcune azioni bizzarre che può fare possono metterla in crisi, invece dentro un museo possono esprimersi liberamente.
Fonti:
• Camic, P. M., Dickens, L., Zeilig, H., & Strohmaier, S. (2021). Subjective wellbeing in people living with dementia: exploring processes of multiple object handling sessions in a museum setting. Wellcome Open Research, 6, 96. https://doi.org/10.12688/wellcomeopenres.16819.2
• Fancourt, D., Steptoe, A., & Cadar, D. (2018). Cultural engagement and cognitive reserve: museum attendance and dementia incidence over a 10-year period. The British journal of psychiatry : the journal of mental science, 213(5), 661–663. https://doi.org/10.1192/bjp.2018.129
• “Contro l'Alzheimer il medico prescrive una visita al museo”, Irma D’Aria (Repubblica, 2021): https://www.repubblica.it/salute/2021/05/09/news/museoterapia_cosi_l_arte_aiuta_a_curarci-299492665/
• https://www.luoghicura.it/operatori/strumenti-e-approcci/2019/09/alzheimer-al-museo/
• https://www.bamstrategieculturali.com/wp-content/uploads/2021/03/Creative-Ageing_DEF_low-2.pdf
Articolo a cura della Dott.ssa Trapasso Maria,
laureata in Psicologia Clinica e della Salute
maria.trapasso96@gmail.com