
"Affogo,
in questo limbo d’astrazione,
con un piede nel fango e le dita nel sole."
Saffo
Viviamo in un continuo alternarsi di ondate di restrizione e tentativi di ritorno alla “normalità”, in balia di informazioni sugli aggiornamenti dei dati riguardanti la contagiosità e della diffusione del virus. Ma in pochi parlano di quei “soldati” rinchiusi in trincea, in attesa, lì, bloccati a casa, posto così tanto desiderato prima che diviene una “gabbia dorata”poi. Lo si fa per se e per chi si ama, per soddisfare la propria coscienza morale e civile. Ci si isola, è ciò che ci viene detto essere più efficace per non diffondere, per salvaguardare. Ma cosa si prova ad essere quei “soldati”?
Spesso, in molti casi si sviluppa un nuovo tipo di ansia, definita “ansia da limbo”.
Si tratta di ansia specifica che si nutre di quello stato di “sospensione” del proprio quotidiano che invade la vita di chi è in attesa di poter fare o di ricevere il referto del tampone. Trafile burocratiche infinite, quel senso di abbandono e di non comprensione da parte di chi ci circonda. Paura di “falsi negativi”, di attendibilità scarsa dei referti, di dati così asettici e distanti dal nostro bagaglio culturale, di non sapere bene cosa fare e come farlo. Di sbagliare e rischiare di rallentare ancora il tutto, di contagiare chi si ama, come se non fosse già di suo una tortura lo stare a casa in attesa di una “assoluzione”. Unico appiglio a cui aggrapparsi è proprio quel referto, si sa perfettamente che solo un esito negativo ci libererà da quella reclusione; eppure, allo stesso tempo, ci spaventa proprio perché quel referto vale nostra libertà. Il nostro corpo che sembra un nemico di cui non fidarsi, sembra tradirci. Mentre si è in questo stato, il tempo sembra “dilatarsi”, si esperiscono emozioni e sentimenti tra loro contrastanti come ad esempio la “rinuncia”, quella sensazione che ci pervade e ci turba per non poter agire ma di dover solo attendere che qualcosa di esterno ci dia il via libera, che nei casi più estremi potrebbe aprire le porte a patologie più gravi quali la depressione dove si vive nella totale passività nei riguardi del proprio futuro, ponendosi ad affrontare il tutto mettendo in atto un atteggiamento di sconfitta a priori .
La persona in questione potrebbe sviluppare a causa di questo stato di ansia: disturbi del sonno, della concentrazione e vivere una sensazione di disorientamento costante, oltre a ondate di insicurezza e la incessante sensazione di essere “cristallizzati” in un mondo che non si riconosce come proprio. In generale ci si potrebbe sentire svuotati, scarichi, in balia di un senso di disagio.
In queste situazioni, la ricetta ideale per combattere questo stato, sembra consistere in:
● relazionarsi con il mondo permettendosi di condividere i propri stati emotivi, magari attraverso i social, visto il regime di isolamento imposto;
● rimanere ancorati alla realtà informandosi su canali istituzionali e accreditati;
● tentare quanto più possibile di portare avanti le proprie abitudini;
● non lasciarsi andare alla pigrizia ma cercare di mantenere uno stile di vita sano ed equilibrato;
● concentrarsi su un hobby o sviluppare una passione.
Tale vissuto tanto rende difficile mantenere un proprio equilibrio; è quindi fondamentale lavorare sui pensieri negativi per evitare la messa in atto di comportamenti che potrebbero sfociare in atti di disperazione. E’ quindi fondamentale, imparare a gestire il proprio benessere in questa fase “d’attesa” e nel caso in cui l’ansia da limbo porti a vivere un disagio cronico e costante, diventa utile chiedere aiuto ad uno specialista.
Bibliografia
https://www.repubblica.it/salute/2020/10/16/news/in_aumento_l_ansia_da_limbo_cos_e_e_come_affrontarla-270476219/
https://medigit.it/news/tra-coloro-che-son-sospesi-lansia-da-limbo-39
https://www.ilmessaggero.it/salute/focus/covid_ansia_stress_depressione_violenza_aggressione_quarantena_disturbo_post_traumatico-5521352.html