
“Ma anche la paura in fondo
mi dà sempre un gusto strano.
Se ci fosse ancora mondo,
sono pronto, dove andiamo?
Itaca, Itaca, Itaca,
la mia casa ce l’ho solo là.
Itaca, Itaca, Itaca,
a casa io voglio tornare
dal mare, dal mare, dal mare.”
Lucio Dalla
“La meta è partire” scriveva il poeta Ungaretti depositando in un brevissimo verso una verità assoluta: non importa il viaggio, la meta, ma come si affronta quel viaggio per raggiungere la meta. Ma la verità è che Ungaretti prima di giungere a quest’assioma, nella sua vita fu influenzato da un poeta greco che conobbe nella latteria sul Boulevard di Ramlehad ad Alessandria, Kostantinos Petrou Kavafis.
Kavafis era un poeta tormentato, perennemente alla ricerca del sé e dell’altrove. Dal suo repertorio poetico emergono tematiche di nostalgia, dei piaceri, dell’omosessualità, del ritorno, della moralità e della memoria, come mezzo per svestire l’uomo dalla sua condizione di disperazione. Kavafis nella sua produzione letteraria si è sempre rivolto ad un lettore implicito, con il quale riesce a stabilire una complicità, un’introspezione, rivolgendosi a colui che è segnato dalla razionale rassegnazione che siamo tutti accomunati da un ineluttabile e infelice destino.
Una delle composizioni più belle e sensibili di Kavafis è “Itaca”. Scritta nel 1911, questa poesia rappresenta l’origine, il percorso, la meta di un lungo, avventuroso e periglioso viaggio, quello dell’esistenza. È una poesia che arricchisce di profondità gli occhi del lettore sul come scrutare il proprio percorso di vita.
Il viaggio per “Itaca” è come quello di ritorno in patria che affronta l’eroico Ulisse omerico per mare, dove il viaggio è inteso come desiderio di conoscenza, di scoperta, di bisogno di non arrivare mai. Il viaggio stesso è la meta, “la meta è partire”.
Per raggiungere Itaca, la terra promessa, la destinazione ultima di Ulisse, c’è bisogno di pazienza, dedizione e determinazione. Itaca è al tempo stesso una meta apparente, essa funge meramente da stimolo per il viaggio stesso che diventa l’unico scopo della vita umana. È un metaluogo, un luogo altro oltre i confini della realtà, voluto per affermare l’importanza, la bellezza e la necessaria lunghezza del viaggio.
“Quando ti metterai in viaggio per Itaca/devi augurarti che la strada sia lunga,/fertile in avventure e in esperienze.”
Comincia così Kavafis, puntando subito all’elemento essenziale della vita: la pazienza di aspettare.
Il viaggio, una volta iniziato, deve seguire il suo corso senza approdi prematuri. Non è importante arrivare il più veloce possibile alla soluzione di un problema, al proprio obiettivo, alla propria meta, perché quello che ha valore è come viene esperito il cammino, il percorso stesso è prezioso, perché può arricchire l’esperienza del sapere. Il poeta, quindi, augura all’uomo di vivere una vita lunga e colma delle avventure e delle esperienze più diverse.
“I Lestrigoni e i Ciclopi/ o la furia di Nettuno non temere,/non sarà questo il genere di incontri/se il pensiero resta alto e un sentimento/fermo guida il tuo spirito e il tuo corpo. […]”
Il poeta cita i demoni che resero difficile il viaggio di Ulisse (Lestrigoni, Ciclopi, Nettuno) paragonandoli alle nostre insicurezze. Di fronte a tali difficoltà bisogna stare desti, solo un obiettivo fisso e la pertinacia nel seguirlo riusciranno a competere e dominare le nostre paure. Non bisogna mai dimenticare che queste sono emozioni, e fanno parte di noi, per cui devono essere accolte indipendentemente dalla loro natura malevola. Non bisogna lasciarsi dominare dai demoni, ma piuttosto dominarli. Essere consapevoli della propria paura. Conoscere i propri demoni per proseguire un cammino più sereno.
“Devi augurarti che la strada sia lunga. /Che i mattini d'estate siano tanti/quando nei porti - finalmente e con che gioia -/toccherai terra tu per la prima volta […] va in molte città egizie/ impara una quantità di cose dai dotti.”
Con questi versi Kavafis imprime nel lettore l’importanza del saper quantificare il valore delle piccole cose che incontriamo ogni giorno. I porti sono l'ignoto e i mattini d'estate i giorni in cui l'uomo può apprendere nuove conoscenze. È importante soffermarsi sull’ignoto e sul nuovo sapere, sulle persone che incontriamo lungo la via, perché ogni cosa può essere fonte di ricchezza inestimabile.
“Sempre devi avere in mente Itaca-/raggiungerla sia il pensiero costante./Soprattutto, non affrettare il viaggio;/fa che duri a lungo, per anni, e che da vecchio/metta piede sull'isola, tu, ricco/dei tesori accumulati per strada/senza aspettarti ricchezze da Itaca.”
Durante il viaggio non bisogna mai dimenticarsi di Itaca, il rischio sarebbe quello di approdare frettolosamente e pensare ad un’Itaca fallace. La vecchiaia ci condurrà felici e senza aspettative all’isola sognata, poiché le ricchezze più importanti già ci appartengono; le abbiamo raccolte durante il viaggio.
“Itaca ti ha dato il bel viaggio,/senza di lei mai ti saresti messo/in viaggio: che cos'altro ti aspetti? /E se la trovi povera, non per questo Itaca ti avrà deluso./Fatto ormai savio, con tutta la tua esperienza addosso/già tu avrai capito ciò che Itaca vuole significare”.
E così finisce la poesia. Ognuno di noi ha un sogno, un obiettivo, una meta nella vita, un’Itaca nel cuore. La nostra Itaca ci regala la saggezza nel discernere le vere ricchezze, la conquista dell’esistenza. Itaca null’altro ha da darci, se non la semplice rielaborazione della nostra costante crescita, in tutte le sue stadiazioni. Chi giunge ad Itaca sa come esaltare il proprio passaggio su questa terra. E Itaca potrà anche essere una delusione per noi, ma almeno rimane la soddisfazione di non aver vissuto invano.
Nel mondo attuale il viaggio è sempre più breve, si aspira all’alta velocità. Perché prendere un Intercity, quando possiamo salire su un Frecciarossa? La velocità, oggigiorno, è uno stato mentale, è ciò che desideriamo perché prima arriviamo a destinazione, prima ci sbrighiamo, prima, ahimè, dimentichiamo. Forse avremmo bisogno di quella serenità anonima e pacata del viaggio modesto di cui parla Kavafis, senza giganti e senza smarrimenti, con la nostra fragile barchetta verso il porto della vita: Nulla, se non quanto è dentro di noi.
E tu, ci pensi mai alla tua Itaca?
Fonti:
https://www.giornalesentire.it/it/grecia-itaca-costantino-kavafis
HTTPS://WWW.ILSUPERUOVO.IT/LA-PROFONDITA-DEL-VIAGGIO-COSTANTINO-KAVAFIS-CI-INSEGNA-IL-VERO-SIGNIFICATO-DI-ITACA/
https://oubliettemagazine.com/2020/03/01/itaca-poesia-di-costantino-kavafis-il-significato-del-viaggio-verso-lisola/
https://lepenneirriverenti.altervista.org/itaca-di-konstantinos-kavafis/https://proletteraturacultura.com/2014/03/la-poesia-itaca-di-konstantinos-kavafis-a-cura-di-emanuele-marcuccio.html
https://www.900letterario.it/poesia/constantino-kavafis-ricerca-itaca/
http://www.lavocedifiore.org/SPIP/article.php3?id_article=1605
https://fivosvalachis.weebly.com/itaca.html
Articolo a cura della Dott.ssa Trapasso Maria,
Laureata in Psicologia Clinica e della Salute
maria.trapasso96@gmail.com