
“A ridere c'è il rischio di apparire sciocchi,
a piangere c'è il rischio di essere chiamati sentimentali.
Ad esporre le vostre idee e i vostri sogni c'è il rischio d'essere chiamati ingenui.
Ad amare c'è il rischio di non essere corrisposti.
Ma bisogna correre i rischi,
perché il rischio più grande nella vita è quello di non rischiare nulla.”
LEO BUSCAGLIA
Nel regno animale ,l’essere umano, sembrerebbe essere l’unica specie le cui lacrime si generano per via di sentimenti e non solo per via di “irritazione” o “dolore” esperito. Sappiamo che nei bambini il pianto ha il vitale scopo di attirare l’attenzione e di comunicare un problema ,di attivare in chi si prende cura la prassi dell’accudimento. Negli adulti invece? Sappiamo che provare forti emozioni lo genera ,ma a che scopo? Perché mai lanciare al mondo questo “segnale” così poco celabile?
Fisiologicamente sappiamo che il pianto svolge diverse funzioni votate al riequilibrare uno stato di benessere e di buona salute di questi nostri piccoli organi. Esse sono mirate alla difesa, alla pulizia, alla lubrificazione e alla nutrizione degli occhi. Sappiamo ,inoltre, che la lacrimazione può essere o “meccanica" e quindi involontaria e innescata da un agente esterno a noi , o “emotiva” e quindi scaturita da qualche sensazione provata , da qualcosa che ci nasce da dentro .
Gli studiosi da secoli tentano di venire a capo di questo arcano mistero. Già nell’Antico Testamento, troviamo come plausibile spiegazione il fatto che “quando il cuore si indebolisce, esso si trasformerebbe in acqua”. Al tempo dei Greci, invece, si è dato maggior risalto al cervello che al cuore e ,si è sostenuto, che fosse la mente a scatenarlo. Nel secolo “di ferro”(1600) si pensava che , fossero le emozioni a generarlo ,riscaldando il cuore, che era la sede dell’anima, tanto da far formare del vapore che, risalendo fino alla testa e raffreddandosi , sarebbe poi uscito sotto forma di lacrime dagli occhi. A metà circa dello scorso secolo, una bizzarra teoria ,degna di nota, annovererebbe il pianto come strascico di una ”particolare” evoluzione .C’è chi ha sostenuto che l’essere umano discenderebbe da una specie di scimmia marina e che le lacrime avrebbero avuto ,per questo, la funzione di semplificare la vita di tali “antenati primitivi” nell’acqua salata. Si è ,anche , sostenuto che il pianto avesse la semplice funzione di eliminare le sostanze tossiche che si svilupperebbero nel sangue per via dello stress. Negli anni duemila ,invece, si è rivalutato il ruolo “catartico” di tale processo. Difatti ,ad esso, viene associato un senso di liberazione e , grazie ad esso, la creazione di un lasso temporale per poter assimilare l’evento che lo ha scatenato. Si è poi affidato al pianto anche un “fine sociale”. Difatti, l’essere umano adulto si percepirebbe come vulnerabile rispetto alle altre specie nell’affrontare il mondo da solo. Proprio da questo senso di impotenza si genererebbe tale processo .Il pianto , infatti, segnala l’esistenza di un problema e il bisogno ,quindi, di un aiuto. A sostegno di quest’ultimo filone di pensiero verrebbe in soccorso la composizione delle lacrime .Si è addirittura riscontrato che , il pianto emozionale è chimicamente diverso dal pianto meccanico. Nelle lacrime “emozionali” sono presenti più proteine, il che le renderebbe più viscose, ciò permetterebbe ad esse di rimanere più appiccicate alla pelle e di farle scendere , così, più lentamente, il che le renderebbe più visibili. Si è anche visto che le aree cerebrali che si attiverebbero nel vedere una persona piangere sembrerebbero essere le stesse che si attiverebbero quando a nostra volta stiamo piangendo. Ciò promuoverebbe la creazione di una connessione empatica con l’altro. C’è chi , invece , associa al pianto una funzione manipolatoria. Esso sembrerebbe in grado di neutralizzare la rabbia e genererebbe “senso di colpa “nell’altro. Addirittura, uno studio ipotizzava che nelle lacrime ci fosse una sostanza in grado si inibire l’eccitazione sessuale e i livelli di testosterone.
Comunque esso si generi, resta che nella nostra società il piangere viene vissuto come un tabù, come simbolo di debolezza e stereotipato come simbolo di scarsa o assente mascolinità. Invece, ricordiamoci tutti che esso rappresenta una reazione fisica del nostro corpo ad un “percepire”, “sentire “e “vivere”. Esso svolge , di fatti , un ruolo terapeutico ,tanto come liberatorio , tanto come strumento di guarigione. Ci permette di “emergere all’esterno”. Le persone che si “concedono” di piangere ,si è visto che sono mentalmente più sane in quanto non hanno paura delle loro emozioni ,che comprendono l’importanza e gli scopi benefici che le lacrime apportano , che sono in grado di non farsi influenzare da stereotipi e/o aspettative della società e che non scappano dai loro sentimenti e dalle loro emozioni.
E tu? tu che ne pensi? Tu … che provi?
Bibliografia
https://www.stateofmind.it/2016/11/psicologia-delpianto/
https://yourfullwellness.com/piangere-segno-di-forza-interiore/
https://psicologi-online.it/psicologia-del-pianto/
Articolo a cura della Dott.ssa Zampetti Teresa
Laureata in Psicologia Clinica e della Salute
zampettiteresa@gmail.com