
<< Parlare delle malattie è un intrattenimento da Mille e una notte >>
William Osler
La demenza è una condizione progressiva e incurabile che in un modo o nell'altro colpisce quasi tutti. Esempi di tipi specifici di demenza comprendono la malattia di Alzheimer (AD), la demenza vascolare, la demenza fronto-temporale e la demenza a corpi di Lewy. Ma perché colpisce quasi tutti? Questo perché, purtroppo, il principale fattore di rischio per lo sviluppo di una demenza è proprio l’avanzare dell’età (aging). Oltretutto, la patologia in sé non è l’unico fattore che va a compromettere la qualità della vita di chi la subisce. Infatti, oltre ad una compromissione fisica e cognitiva, la demenza va ad influire sugli aspetti relazionali nonché economici della persona; determinando un ulteriore peggioramento dell’esperienza della propria vita e di chi si prende cura della persona affetta (caregiver). Durante la nostra vita tutti noi sperimenteremo la demenza quando diventiamo noi stessi un caregiver, andiamo a trovare un amico che sembra non essere più la persona che conoscevamo o incontriamo, un anziano che non è più in grado di svolgere le normali attività che compiva un tempo. Partendo da questo preambolo, è del tutto normale che la parola demenza evochi l’emozione della paura. Si, perché il timore che sperimentiamo non è da iscriversi direttamente a ciò che vediamo nell’altro ma, forse, alla nostra stessa paura di affrontare, un giorno, la demenza in prima persona. Un esempio eclatante di quanto sia importante riconoscere socialmente questo problema e di destigmatizzare la paura che ne comporta, arriva dal lontano 1994. In quell’anno l’ex presidente degli Stati Uniti D’America, Ronald Reagan, lesse una lettera scritta a mano al pubblico: <<Sono uno dei milioni di americani che saranno affetti dal morbo di Alzheimer>>. La sua lettera, cruda, semplice e diretta, ha contribuito a dare a questa condizione devastante l'attenzione che merita riconoscendo l'effetto che il morbo di Alzheimer ha sui pazienti, le loro famiglie e la comunità.
Ma come possiamo definire le demenze? Nel corso del XVIII secolo si usava il termine “demenza” per descrivere quelle persone che mancavano di competenze e non potevano gestire le proprie attività quotidiane. Tuttavia, verso la metà del XIX secolo, la ricerca scientifica iniziò a svelare le intricate relazioni tra struttura cerebrale, funzioni mentali e comportamento. Così, con l’avanzare della ricerca, le tecniche per confrontare i cervelli post-mortem “sani” con quelli di persone con declino cognitivo correlato all'età hanno permesso di mostrare un'associazione con l'atrofia corticale, ventricoli ingrossati e "ammorbidimento del cervello" (encefalomalacia). Ma quanti tipi di demenze conosciamo al giorno d’oggi? Nel 1906, Alois Alzheimer osservò placche senili e grovigli neurofibrillari in sezioni di cervello prelevate da una donna morta dopo molti anni di declino cognitivo, del linguaggio e che manifestava allucinazioni, deliri, paranoia e comportamenti aggressivi. E proprio la pubblicazione delle sue osservazioni ha poi permesso di associare questo tipo di demenza al suo nome, definendola Alzheimer. Attualmente, l’Alzheimer (AD) è la causa più comune di demenza negli anziani. È una patologia progressiva ed irreversibile caratterizzata dalla perdita di memoria e dal declino di altre funzioni cognitive (linguaggio, funzioni esecutive, visuo-spaziali, decisionali). Inoltre, un ulteriore problema e caratteristica di questa demenza è l’impossibilità di potere effettuare una diagnosi vera e propria, in quanto può avvenire esclusivamente post-mortem. Ma oltre all’Alzheimer vi sono altri tipi di demenza. Ad esempio, la demenza vascolare che a differenza della graduale progressione dell’Alzheimer, l'esordio dei sintomi è più improvviso e dovuto ad infarti o ictus che si verificano in modo repentino. Un’altra patologia importante è la demenza con corpi di Lewy. Quest’ultima genera un graduale declino delle funzioni cognitive di chi ne è colpito. Inoltre, può causare tremore, rigidità e difficoltà di equilibrio; così come allucinazioni, deliri, disturbi del sonno, dell’attenzione, depressione, ed è inoltre associata al morbo di Parkinson. Per concludere, ciò che emerge da secoli di studio inerenti alle demenze è che esse sono patologie neurodegenerative progressive, non esistono delle cure. Tuttavia, fortunatamente, l’evolversi della ricerca e della scienza ci permette di sviluppare sempre più tecniche di screening e tipi di interventi volti ad una “diagnosi” precoce e al mantenimento delle funzioni cognitive compromesse dai mille volti delle demenze, al fine di cercare di migliorare il più possibile la qualità della vita di chi ne è colpito.
BIBLIOGRAFIA:
Shagam, J. Y. (2009). The many faces of dementia. Radiologic technology, 81(2), 153-168
A cura del dott. Francesco Cataldo
Laureato in Psicologia clinica e della salute
francescocataldopsy@gmail.com