
La demenza è una delle maggiori cause di disabilità e di dipendenza tra le persone anziane in tutto il mondo. La forma più frequente è la malattia di Alzheimer, della quale sono affette 600.000 persone in Italia. Il declino delle funzioni cognitive e l’inevitabile impatto della patologia sulla qualità di vita determinano effetti gravosi anche sulla famiglia e sul caregiver informale, inteso come una figura (familiare, parente o amico) che, in forma “gratuita”, assiste la persona malata a domicilio. Il desiderio di rimanere accanto al proprio caro, di permettergli di continuare a vivere nella propria residenza e la percezione di sentirsi obbligati a prendersene cura sono le motivazioni principali che stanno alla base della scelta di assisterlo a casa.
La necessità di rispondere ai bisogni del familiare, il notevole carico di lavoro assistenziale (destinato ad essere sempre più gravoso con il progredire della malattia) e il peso economico della disabilità correlata alla demenza, possono però determinare un aumento del livello di stress del caregiver, soprattutto nel momento in cui le sue esigenze passano in secondo piano. Il caregiver, oltre a trascurare i propri interessi e a dover riorganizzare la propria vita nel contesto familiare e sociale, può sperimentare una compromissione della salute fisica, isolamento e disagio psicologico. Le alterazioni più comuni riguardano prevalentemente il riposo, il sonno e il regime alimentare. In particolare, assistere a domicilio una persona affetta da demenza può mettere a dura prova il caregiver, sia esso un familiare, un parente, un amico. Quando si parla di “burden” (peso della cura) ci si riferisce a quel fenomeno che può portare a disturbi fisici, psicologici e di altra natura, provocando un forte stress e la sensazione di non riuscire a far fronte alle richieste di cura.
Pertanto, in assenza di una preparazione adeguata, si osservano frequentemente fra i caregiver sintomi di depressione e scoraggiamento, fino all’insorgere di patologie psichiatriche. Appare dunque fondamentale che il caregiver ricordi sempre di avere cura di sé stesso per non esaurire le risorse emotive e fisiche nell’interesse oltre che proprio anche del paziente (per lui il caregiver è la cosa più preziosa) e cosa fondamentale, non isolarsi (tanto più quanto più è grave la fase di malattia) per rendere più efficace il proprio atteggiamento nei confronti del paziente.
Bibliografia
Alzheimer’s Disease International. (2018). World Alzheimer Report 2018 – The state of the art of dementia research: New frontiers, 1–48.
Nobili G., Massaia M., Isaia G., Cappa G., Pilon S., Mondino S., Isaia G. C., (2011), Valutazione dei bisogni del caregiver di pazienti affetti da demenza: Esperienza in una unità di valutazione Alzheimer, in Giornale di Gerontologia, 2011;59:71-74.
Articolo a cura della Dott.a Angela Grisolia
Laureata in Neuroscienze Cognitive